Martin
Luther
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Nome:
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Martin
(ita.) Martin (ted.).
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Cognome: |
Lutero
(ita.) Luther (ted.). |
Nazionalità:
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Tedesca.
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Cronologia: |
Nato
il 10 novembre 1483 a Eisleben, deceduto a Eisleben il 18 febbraio
1546. |
Note
biografiche:
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Martin Lutero (Martin
Luther) nasce ad Eisleben, una cittadina nella Turingia, regione
centro-orientale della Germania, da famiglia contadina emancipatasi
grazie all'attività paterna nelle miniere di rame. A
Mansfeld Lutero frequenta la scuola di latino, per poi trasferirsi
nel 1497 a Magdeburgo, per proseguire gli studi presso la scuola
dei Fratelli della Vita Comune. Dopo solo un anno si reca presso
alcuni parenti ad Eisenach e vi rimane fino al 1501. Nello stesso
anno si iscrive all'università di Erfurt, dove studia arti liberali,
conseguendo il baccalaureato nel 1502 e il titolo di magister
artium nel febbraio 1505. Frate agostiniano nel 1506, è
ordinato sacerdote il 3 Aprile 1507. Nel 1508 lo troviamo ad
insegnare filosofia morale ed etica aristotelica all'università
di Wittenberg. Matura presto la convinzione che l'uomo non possa
che commettere peccato, perché tale è la natura umana:
la salvezza è concessa solo da Dio per sola fede. Nel 1510 si
reca a Roma per portare una lettera inerente a questioni interne
all'ordine agostiniano e viene a conoscenza della prassi delle
indulgenze. La concessione dell'indulgenza, pratica promossa
durante le crociate per coloro, che, fisicamente, non vi potevano
partecipare, ma alle quali potevano contribuire finanziariamente,
era degenerata e resa scevra dalla componente spirituale, riducendosi
a mera transazione economica. Nel 1517 Lutero scrive ad Alberto
di Hohenzollern Brandeburgo, arcivescovo di Magdeburgo e di
Magonza, ed al vescovo di Brandeburgo, Schultz, contestando
tale pratica nelle 95 tesi passate alla storia, in cui si trattava
il problema dell'indulgenza. Prova anche a chiedere al Papa
di convocare un Concilio dedicato all'argomento, ma, non ascoltato,
cessa di riconoscere l'autorità conciliare. Lutero matura
la convinzione che solo la Scrittura, e non il magistero petrino,
dovesse essere considerata fonte di verità. Evolvendo
nel suo pensiero presto giunge ad eliminare la mediazione della
Chiesa con la divinità, asserendo il principio per cui
il rapporto tra Dio e l'uomo possa essere diretto e personale,
con ripercussioni nell'amministrazione del culto e dei sacramenti.
Tali posizioni provocarono la scissione dalla Chiesa di Roma
e avviarono la rivoluzione culturale protestante, che sconvolse
ed insanguinò per molto tempo l'Europa.
Lutero muore a Eisleben, sua città natale, il 18 febbraio 1546.
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Percorsi:
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Web
https://it.wikipedia.org/wiki/Martin_Lutero
https://it.wikipedia.org/wiki/Luteranesimo
https://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_evangelica_luterana_in_Italia
http://www.chiesaluterana.it/
Libri
"Martin Lutero"
Lucien
Febvre
trad. di G. Zampa
Anno: 2003
ISBN: 9788842070306
Editori Laterza
http://www.laterza.it/
Film e video
"Luther - Genio, ribelle, liberatore."
https://www.youtube.com/watch?v=17zuyPDhBgY
https://it.wikipedia.org/wiki/Luther_-_Genio,_ribelle,_liberatore
Musica
http://www.baroque.it/arte-barocca/musica-barocca/la-musica-della-riforma.html
https://en.wikipedia.org/wiki/Johann_Walter
https://www.youtube.com/watch?v=_ZosRFcO_dc
Luoghi
Castello di Wartburg
http://www.viaggio-in-germania.de/wartburg.html
http://www.lutherstadt-wittenberg.de/en/kultur/unesco-weltkulturerbe/lutherhaus/
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"E
mail" |
infogestione@infogestione.com |
Ididlab: |
"Buon
giorno, Signor Luther, e grazie per averci concesso questa intervista.
Desideriamo chiederle, quale prima domanda e per ovvia curiosità
di redazione, se sia vera quella storia del temporale e di Sant'Anna?". |
Martin
Luther: |
"Buongiorno
a voi!
Il periodo della mia vita a cui fate riferimento era un tempo
di dedizione assoluta agli studi filosofici, ma anche anni di
profonda tristezza e inquietudine, legata all’angoscia per i peccati
e per il giudizio.
Era il 2 luglio 1505, quando dall'università di Erfurt ero andato
a far visita ai miei genitori e, sulla strada del ritorno, nei
pressi del villaggio di Stotternheim, mi trovai nel bel mezzo
di una tempesta. C'era il vento che mi scompigliava i capelli,
la polvere si alzava impedendomi di vedere; ricordo che comparvero
dei nuvoloni grigi e si udirono dei tuoni in lontananza, i fulmini
squarciavano il cielo, temevo che la mia vita si spegnesse all'interno
di quel fascio di luce. Un ramo, staccatosi da un albero, mi ferì
il piede.
Quando il vento cessò, in preda al dolore, aprii gli occhi e vidi
degli alberi al suolo, il dolore cominciava ad essere più intenso
ed io mi convincevo sempre più che fosse sopraggiunto un intervento
divino a punirmi dei peccati da me commessi.
La paura e il dolore si fecero acuti, ero impotente contro le
forze divine e della natura, l’unica cosa a me possibile era pregare:
mi rivolsi a S. Anna, la protettrice dei minatori, sperando nella
Sua intercessione; alla santa mi aveva affidato mia madre, qualche
ora prima, salutandomi!
In quel momento mi passò davanti tutta la mia infanzia, la rigida
educazione ricevuta, una vita condizionata dalle convinzioni di
mio padre e dalle punizioni, oltre che dalle imposizioni della
chiesa e dalla superstizione popolare, componenti di cui era intrisa
tutta la cultura della mia famiglia, di origine contadina.
Quando la tempesta si placò, a fatica mi rialzai e mi rimisi in
cammino; era in me chiara la scelta che avrei fatto: sarei entrato
a far parte dell’ordine degli eremiti agostiniani!". |
Ididlab: |
"Perché
ha scelto di far parte proprio degli eremiti agostiniani? Qual
era la sua idea di Dio?". |
Martin
Luther: |
"La
risposta è molto semplice, tutto è riconducibile alla mia conoscenza
di S. Agostino approfondita grazie agli studi, la mia giovinezza
e la mia istruzione non deve essere stata tanto diversa dalla
sua.
Scelsi il convento di Erfurt perché intriso della spiritualità
agostiniana, che ricordava le prime comunità cristiane; il convento
era inoltre uno dei più prestigiosi e, anche se la mia scelta
era contro la volontà di mio padre, mi illudevo di poter renderlo
minimamente fiero di me grazie all’ importanza del convento. Avevo
ventidue anni, ero perseguitato dal terrore della giustizia divina,
la vita monastica poteva essere per me un rimedio ai peccati,
avevo pensato di poter trovare conforto in quella vita, c’era
una regola precisa che mi avrebbe guidato nel mio percorso. Mi
ero illuso che potesse durare per sempre quel senso di protezione
che sentivo tra le mura del convento, dove oltre allo studio mi
dedicavo a lavori duri e faticosi, senza un lamento, offrendo
a Dio la mia totale umiliazione. La fede avrebbe consolato le
mie pene!
Nonostante i miei sforzi, però, col passare del tempo mi convincevo
sempre più che essi fossero inutili, non riuscivano a liberarmi
dalla mia paura della dannazione. Nel convento giravano voci che
io fossi posseduto a causa dei miei continui tremori alla vista
del crocifisso, dei miei mancamenti durante le celebrazioni o
per le urla che nel cuore della notte svegliavano i miei confratelli.
Sostenevo che l’uomo fosse per sua natura peccatore e che solo
la fede potesse portarlo alla salvezza, egli non possedeva nessuna
libertà di scelta tra il bene e il male, perché macchiato dal
suo peccato originale. Nella mia ricerca di un Dio misericordioso
continuavo a compiere opere buone nella speranza di ricevere in
cambio la salvezza. Pensavo di essere ogni giorno giudicato e
rimproverato da Dio per ogni mia azione. Questa mia ossessione
divenne un peso sempre più grande, non bastò l’intervento del
vicario del convento che cercava di convincermi che Dio è buono
e misericordioso, prevaleva in me in maniera forte l’idea di Dio
come un padre giudicante, giudice severo, capace solo di condannare".
|
Ididlab: |
"Come
si svolgeva la vita nel convento di Erfurt? Cosa studiava ed a
quali tipi di attività e di lavori si dedicava?". |
Martin
Luther: |
"La
vita nel convento era molto rigida, ad Erfurt l’intento era quello
di ripristinare una vita religiosa autentica, che metteva al centro
la Parola di Dio, che cercava di recuperare i principi che avevano
guidato la vita delle prime comunità cristiane. Al primo impatto
il convento mi diede un senso di familiarità, ritrovavo la severità
e la rigidità delle regole a cui ero sempre stato abituato, in
famiglia, come nei primi anni della mia istruzione. C’era un numero
di lezioni predefinito e un programma di studi organizzato in
maniera meticolosa. La severità, le prescrizioni rigide, la regola
dell’Osservanza, che come ho detto anche gli agostiniani di Erfurt
seguivano, mi sembravano capaci di contenere le mie debolezze,
le tentazioni e le conseguenti angosce legate alla paura di Dio;
di fatto non smisi mai di essere preoccupato fino all’angoscia
della salvezza della mia anima. Osservavo alla lettera la regola:
bisognava inginocchiarsi davanti ai superiori, camminare con gli
occhi bassi, parlare solo quando era concesso. La rigidità riguardava
tutti i momenti della giornata: si mangiava in silenzio, si digiunava
per oltre cento giorni all’anno e si svolgevano lavori manuali:
mi ritrovai a pulire il convento, a fare lo sguattero in cucina,
a chiedere l’elemosina per le vie di Erfurt al fine di sostenere
le spese del convento. Mettevo la mia vita al servizio del monastero,
offrivo le mie umiliazioni quotidianamente, obbedivo, pregavo,
eppure continuavo a non sentirmi degno del perdono di Dio.
Alcuni confratelli più rudi arrivavano a rimproverarmi per le
mie letture e consideravano i miei studi delle distrazioni e delle
cose superflue.
Sotto la guida del frate supremo Johann Staupitz, che colpito
dalla mia serietà e dedizione alla vita monastica mi affidò in
seguito compiti che cambiarono la mia vita, mi dedicai comunque
agli studi, in particolare di S. Agostino, del cui pensiero mi
nutrivo, di cui letteralmente divoravo le opere, perché
fondamento dell’ordine monastico presso il quale vivevo, ma anche
per quella visione pessimistica dell’uomo, che in fondo allora
condividevo. Alla base della mia profonda inquietudine spirituale
c’era anche la filosofia nominalista appresa negli anni
di Erfurt, che si ispirava al pensiero di Guglielmo di Ockham
e che considerava la totale incapacità della ragione umana di
arrivare alla conoscenza di Dio, di conseguenza di essere in grado
di conoscere la strada che conduce alla salvezza.
La Bibbia rimase, però, il mio studio principale e la mia unica
passione.
La prima Bibbia mi fu consegnata al mio ingresso in comunità,
aveva una copertina di cuoio rosso, conoscevo il contenuto di
ogni sua pagina; essa per me non era un semplice oggetto di studio,
era piuttosto la parola autorevole di Dio che contiene
i segreti di tutta l’umanità e che per questo non si può che accogliere
senza alcun tentativo di interpretarne il significato". |
Ididlab: |
"Come
si viveva Dio fuori dal convento di Erfurt, nelle città,
nelle famiglie, nelle istituzioni e nella Chiesa stessa?". |
Martin
Luther: |
"Era
un tempo di rinnovamento e di profondo cambiamento culturale,
uno di quei periodi in cui si abbandonano delle certezze, nascono
nuovi modi di pensare e la fede assoluta in alcuni principi decade:
questo spiana la strada verso nuove credenze, crea fermento oppure
destabilizza.
Credo che smarrimento e ricerca di nuove risposte, data la mancanza
di punti di riferimento che prima erano considerati certi, si
possano considerare gli elementi che caratterizzavano quel tempo.
Dio non occupava più il posto centrale nell’universo e nella vita
degli uomini e la fiducia nelle istituzioni ecclesiastiche cominciava
a vacillare: la chiesa era corrotta, la ricerca dello sfarzo e
delle ricchezze prendevano il sopravvento sul messaggio evangelico
originario; il clero esercitava il suo controllo soprattutto sulla
parte meno colta della popolazione, prima attraverso il confessionale
e poi attraverso la sempre più diffusa vendita delle indulgenze.
Era la parte della popolazione ancora legata ad una religiosità
naturale ad essere facile vittima dell’autorevolezza della Chiesa,
dell’abuso che essa ne faceva. L’ossessione per la punizione divina
era ancora molto forte ed era facile diffondere la convinzione
che per ottenere la salvezza eterna fossero necessarie opere di
carità, ma anche gesti di devozione, pellegrinaggi, penitenze.
Era un tempo in cui si mescolavano fede e superstizione, da una
parte era diffusa la decadenza morale del clero, sempre più alla
ricerca di cariche politiche e di prestigio, che erano assai lontano
dallo spirito di carità e umiltà, ma non mancava la ricerca da
parte di alcuni religiosi di luoghi, protetti dal mondo, come
i conventi e gli ordini, in cui dedicarsi alla ricerca della santità,
senza distrazioni.
Alla mondanità soprattutto dell’alto clero, dedito più alla cura
di beni terreni che alla cura dell’anima, rispondeva quindi una
parte del mondo ecclesiastico animata da una profonda esigenza
di rinnovamento religioso, nascevano centri di intensa vita spirituale,
c’erano energie evangeliche presenti ed operanti in diversi luoghi,
c’era in molti un’attesa di Dio e il desiderio diffuso di una
rinascita cristiana.
La cultura umanistica e la tendenza a trarre l’uomo fuori dalla
condizione di schiavitù delle superstizioni medioevali si respirava,
questo non impedì agli uomini, fuori e dentro la Chiesa, di cercare
Dio; la spinta alla ricerca era mossa proprio dalla accresciuta
sfiducia in chi per secoli era stato il depositario delle verità
riguardo Dio. Lo studio dei testi sacri e la conseguente riscoperta
dei messaggi evangelici svelavano agli uomini del tempo nuove
verità, o per lo meno insinuavano il dubbio laddove, sulla base
di superstizioni e ignoranza, si erano costruite per secoli certezze,
che alimentavano gli interessi della parte corrotta della Chiesa".
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Ididlab: |
"Come
ha vissuto tali spinte di rinnovamento e quale è stata
la sua risposta a tale percezione?". |
Martin
Luther: |
"Ero
alla continua ricerca di risposte, alle spinte di rinnovamento
che si respiravano fuori da convento, nella Chiesa, nella società
del tempo, corrispondevano in quel periodo spinte che dentro di
me si facevano sempre più forti, spinte che venivano dalle mie
intuizioni, dalle idee che maturavo alla luce dei miei dubbi,
dei miei studi, dell’analisi accurata e della conoscenza acquisita
delle Sacre Scritture.
Non mi accontentavo di quello che era già dato e di tutto quello
che era scontato solo perché veniva detto dalla chiesa. Il mio
spirito, durante tutti gli anni di formazione, si era nutrito
di lotte interiori continue, della paura della dannazione, si
era plasmato sulla Parola di Dio, cominciavo a non essere più
disposto ad accettare l’interpretazione che, per loro interesse,
ne facevano gli uomini di chiesa.
L’unico che credeva in me e nelle intuizioni che esplicitavo,
senza considerarmi un pazzo, era Johann von Staupitz, il mio padre
spirituale, colui che credeva in me e che aveva intuito che qualcosa
capace di cambiare lo stato delle cose era nelle mie idee, nel
mio essere servo di Dio semplice, ma caparbio e difensore a tutti
i costi della verità in cui credevo. Fu lui a mandarmi nel mondo,
non immaginava allora che quel gesto avrebbe avuto una risonanza
significativa nel mondo della cristianità, che avrebbe segnato
la storia, che avrebbe diviso la Chiesa.
Neppure io immaginavo che i miei pensieri avrebbero avuto un impatto
così forte fuori e dentro la realtà che fino ad allora avevo vissuto.
Fui mandato a Roma per consegnare delle lettere, il cui scopo
era di affrontare questioni interne all’ordine agostiniano.
Ero disorientato, ma desideroso, al tempo stesso, di respirare
la cristianità che immaginavo si respirasse nella città sede del
Papato. Invece la corruzione del clero era così sfacciata che
si poteva quasi toccare con mano, tutto era lontano dalla carità
cristiana, più di tutto l’abuso del potere che la Chiesa esercitava
nei confronti del popolo: manipolavano le menti della povera gente
promettendo loro la salvezza eterna.
Roma era un circo, un mercato, un luogo dove tutti potevano trovare
tutto, tranne Dio.
Mi erano sempre più chiare le contraddizioni, la parola di Dio
da una parte e l’interpretazione che a suo vantaggio ne faceva
una parte del clero dall’altro.
Ero convinto allora che il Papa non fosse a conoscenza di tanto
scempio.
Come poteva permettere che si desse valore alle indulgenze?
Come poteva un pezzo di carta contenere la grazia di Dio?
Come poteva avere un prezzo la misericordia e il perdono?
Le risposte che mi davo andarono a riempire i miei scritti e diedero
forma a quelle tesi che davano voce alle mie idee, alla mia volontà
di riformare ciò che nella chiesa era corrotto; esse non avevano
nessuna intenzione di creare divisione, di rompere l’unità della
Chiesa, come invece avvenne.
Io desideravo la riforma e il ritorno a una fede cristiana autentica,
non la rivolta!". |
Ididlab: |
"Come
definirebbe il risultato della sua volontà? Come è
cambiata la percezione di Dio e del cristianesimo?". |
Martin
Luther: |
"Il
mio modo di pensare non era più coerente con le idee della Chiesa,
era mia intenzione riportare al suo stato di purezza la cristianità,
riscoprire il vero messaggio cristiano, che era stato sepolto
da secolari strati di corruzione e impurità, di cui il clero era
stato nel tempo costruttore.
Io volevo semplicemente ritrovare Cristo nei cuori e nelle azioni,
non su pezzi di carta, venduto come merce per acquistare beni
terreni.
La delusione di Roma era rimasta nei miei occhi, aveva segnato
l’inizio del mio allontanamento dalla Chiesa romana; la mia volontà
mi stava portando lontano da quel luogo che prima ritenevo sicuro,
che era stato tante volte riparo dalle mie persecuzioni, dalle
mie paure.
Mi ritrovai accusato di eresia e, in fondo, ero inconsapevole
artefice di una rivoluzione vera e propria. Volevo produrre cambiamento,
svelare la verità ai più umili, a coloro che si lasciavano plasmare
dall’autorità esercitata da alcuni uomini di Chiesa; avevo la
presunzione di illuminare le menti offuscate dalla paura della
punizione divina e di insinuare il dubbio nell’interpretazione
che la Chiesa faceva della Scrittura.
Ma gran parte delle mie idee finirono per essere fraintese, manipolate
per colpire obiettivi che non era mia intenzione colpire, interpretate
e usate, in alcuni casi, come arma contro la Chiesa detentrice
di potere; le mie idee portarono scompiglio tra la gente e, cosa
che fu causa di grande sofferenza, procurarono la morte anche
a persone a me care.
La rivolta e le sue sanguinose conseguenze furono il risultato
della mia volontà, prima di essere motivo di rinnovamento.
E la rivoluzione avvenne anche in me.
Non cessarono le mie lotte interiori e i rimorsi di coscienza,
ma rinunciai a lottare contro il peccato, mi affidai completamente
alle parole della Scrittura, secondo cui il giusto vive della
fede.
L’idea che per la salvezza bastasse la fede, non le opere, mi
portò a cambiare anche la mia quotidianità, le mie relazioni,
i miei legami con le altre persone, con l’altro sesso; il peccato
e la convinzione di esserlo era stato per una vita il motivo del
mio tormento, a questo punto divenne un atto quotidiano: peccando
sperimentavo la misericordia di Dio, perché mi perdonava per il
solo fatto che credevo, quel Dio misericordioso che avevo cercato
da sempre.
Alla luce della giustificazione per fede cambiò la percezione
stessa del Cristianesimo; per il conseguimento della salvezza
non era necessario più rispettare i comandamenti insegnati dalla
Chiesa e tramandati dalla tradizione: la penitenza, il ministero
sacerdotale, i voti religiosi. La misericordia di Dio prescindeva
dal rispetto di questi valori.
Ero cambiato, ero stato strumento di Dio per produrre cambiamento
nella storia e nella Chiesa, la fede però era rimasto il punto
fermo della mia vita". |
la
nuvola
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Nuvola
al 24.03.2017
Nuvola
al 07.06.2017
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