Giacomo
Matteotti
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Nome:
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Giacomo.
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Cognome: |
Matteotti.
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Nazionalità:
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Italiana.
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Cronologia: |
Nato
a Fratta Polesine (RO) il 22 maggio 1885, deceduto a Roma, il
10 giugno 1924. |
Note
biografiche:
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Frequenta il ginnasio
a Rovigo e si laurea in giurisprudenza a Bologna. è stato un
uomo politico ed un giornalista. Matteotti fu eletto in Parlamento
per la prima volta nel 1919 e rieletto nel 1921 e nel 1924.
Fu segretario del Partito Socialista Unitario, nato dalla scissione
con il Partito Socialista Italiano. Appassionato e tenace antagonista
del fascismo, il 30 maggio 1924, dopo aver denunciato alla Camera
dei Deputati brogli elettorali, avvenuti durante le elezioni
del 6 aprile dello stesso anno, e fatti di corruzione relativi
alla concessione petrolifera della Sinclair Oil, fu rapito ed
assassinato da una squadra fascista capeggiata da Amerigo Dumini.
Le sue spoglie riposano nella sua città natale.
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Percorsi:
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Web
https://it.wikipedia.org/wiki/Giacomo_Matteotti
http://www.fondazionematteottiroma.org/
https://www.youtube.com/watch?v=3ckvhw4xcrU&t=319s
http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntate/lomicidio-matteotti/921/default.aspx
https://www.youtube.com/watch?v=PjSFfT3IWmk
http://www.raistoria.rai.it/articoli/delitto-matteotti-linizio-del-regime/25122/default.aspx
Libri
"Il delitto Matteotti"
di Mauro Canali
ISBN: 9788815258410
pag. 360
Anno di pubblicazione: 2015
Società Editrice Il Mulino
https://www.mulino.it/volumi/ricerca
Film e video
"Il delitto Matteotti", regia di
Florestano Vancini
https://www.youtube.com/watch?v=UY_POy2laiU
https://it.wikipedia.org/wiki/Il_delitto_Matteotti_(film_1973)
Musica
Inno dei lavoratori
https://www.youtube.com/watch?v=yUNo8g7v8rc
Ballata popolare in morte di Giacomo Matteotti
https://www.youtube.com/watch?v=3ckvhw4xcrU&t=319s
(il brano musicale è inserito al termine del video)
Amapola
https://www.youtube.com/
Tic- ti, tac- ta
https://www.youtube.com/
Luoghi
Fratta Polesine, città natale di Giacomo
Matteotti
https://it.wikipedia.org/wiki/Fratta_Polesine
http://www.comune.frattapolesine.ro.it/
|
"E
mail" |
infogestione@infogestione.com |
Ididlab: |
"Buon
giorno, Signor Mattetotti e grazie per averci concesso questa
intervista. Desideriamo chiederle, con tutto il rispetto dovuto
al suo sacrificio ed alla sua vita, chi sia Giacomo Matteotti,
oltre al nome di un corso del centro cittadino, oltre ad un busto,
oltre ad essere la vittima di un omicidio politico ed un capitolo
di storia. Per esempio come viveva Giacomo all'età di tredici
anni?". |
Giacomo
Matteotti: |
"Come
tutti sanno, provengo da una famiglia di proprietari terrieri
che, dal Trentino, ancor prima che nascessi, si erano trasferiti
nel Polesine. Da ciò si può dedurre che la mia era una famiglia
benestante e agiata. Molti non sanno però che il Polesine era
una delle zone più arretrate e depresse d’Italia.
Forse è il caso di spendere due parole sulle condizioni in cui
viveva la gente della mia terra. Tra la fine dell’800 e l’inizio
del 900, il Polesine era una terra di confine, senza strade e
povera di infrastrutture.
La popolazione si dedicava principalmente all’agricoltura, la
manodopera era abbondante ma i salari erano miseri. La vita era
molto difficile e la miseria costante. La gente non se la passava
molto bene a causa della malaria, della tubercolosi e della pellagra,
malattia causata da una dieta monoalimentare legata al mais. Il
tasso di analfabetismo era molto alto, quasi nessuno sapeva leggere
e scrivere. Quindi io mi dovevo ritenere fortunato per aver continuato
gli studi ed essermi laureato. Sì, perché i ragazzi della
mia età non avevano altrettanta fortuna.
Molti bambini che non facevano parte della mia classe agiata pativano
la fame, vivevano in case sporche e spesso morivano perché non
potevano curarsi. Per loro, anche una semplice influenza era fatale.
Peraltro, spesso erano costretti a lavorare: svolgevano il lavoro
dei campi con i genitori, si occupavano dei fratelli più piccoli,
trasportavano sulla schiena minerali e lavoravano sotto terra
otto dieci ore al giorno, per paghe ridicole. Nessuno regalava
loro dei giochi, ma li potevano costruire con la loro fantasia.
Ed ecco che con dei sassolini e dei legnetti inventavano delle
vere e proprie competizioni, mentre con degli scampoli di stoffa
le bambine costruivano delle bellissime bambole.
Quando vedevo i bambini giocare con semplici strumenti oppure
rovistare tra i rifiuti per trovare qualcosa da mangiare, mi veniva
la pelle d’oca. Quando la domestica mi serviva il pranzo caldo
in tavola, vedevo quei bambini con la faccia sporca e i vestiti
laceri, e mi si stringeva il cuore. Fu allora che cominciai a
maturare sentimenti di solidarietà verso chi stava peggio di me".
|
Ididlab: |
"Cosa
pensavano i suoi coetanei di lei? Aveva delle amicizie anche tra
i ragazzi, che lei ha descritto come meno fortunati? Le risulta
che qualcuno di loro sia riuscito a cambiare il proprio destino:
in altre parole, ai suoi tempi esisteva quello che noi del terzo
millennio chiamiamo ascensore sociale?".
|
Giacomo
Matteotti: |
"Alla
prima domanda posso rispondere facendo delle ipotesi. Come ho
già detto, appartenevo a una famiglia benestante in una realtà
povera e depressa. Di sicuro suscitavo sentimenti di invidia e
di gelosia. Si sa, questi non sono sentimenti tanto positivi.
C’è da dire, però, che io facevo di tutto per frequentare ragazzi
di ogni estrazione sociale. Anzi, ero animato da slanci di solidarietà
verso chi stava peggio di me.
Giocavo quando potevo con bambini più poveri di me, utilizzando
sassolini e legnetti. Un giorno mio padre si era raccomandato
di non uscire di casa, senza un accompagnatore adulto. Io, che
mi sentivo grande, disubbidendo alle raccomandazioni di mio padre,
andai a trovare Giuseppe, un bambino poverissimo. Giuseppe era
sempre stanco, sporco e affamato. Quel giorno, per giunta, era
febbricitante. Triste, perché privo di giochi e di aiuti. Ebbi
come un’illuminazione: corsi verso casa e mi misi a gridare :
Luisa, Maria, Giovanna - la mia servitù - accorrete
ho fame!. Queste accorsero immediatamente, io riempii tasche
e borse di leccornie d’ogni tipo e improvvisai un banchetto, soffermandomi
fino a tarda ora a casa del mio amico.
Giuseppe mi fu riconoscente dell’atto di generosità che avevo
avuto e, quasi come se volesse giustificarsi, aprì il suo cuore
dicendomi che la sua vita era dura poiché doveva spesso affiancare
i genitori nei campi.
Quando tornai a casa, mio padre, all’inizio, mi sgridò per lo
spavento che gli avevo procurato, ma quando venne a conoscenza
di quello che avevo fatto, si complimentò con me.
Da quel giorno Giuseppe iniziò a frequentare assiduamente la nostra
casa. Era affascinato da tutto, in particolare dall’immensa biblioteca
di mio padre, che gli diede il permesso di utilizzarla tutte le
volte che ne avesse avuto bisogno. Ciò gli permise di frequentare
il ginnasio, il liceo e poi l’università. La scuola fu per lui
un importante trampolino di lancio per diventare ingegnere.
Anche oggi la scuola potrebbe essere un ottimo ascensore sociale,
anzi fino a qualche anno fa lo è stato. Il problema di oggi è
che c’è poco lavoro,viviamo un momento di profonda crisi e i giovani,
anche quelli laureati, spesso sono costretti ad andare all’estero".
|
Ididlab:
|
"A
quei tempi come era percepito lo sforzo di migliorare la propria
condizione? La povertà, così diffusa nel nostro
Paese ed in tutta Europa, come era considerata dalla classe dirigente
di allora? I concetti di pari opportunità e di solidarietà,
da lei ricordati attraverso le precedenti risposte, esprimevano
lo stesso significato che rivestono oggi?". |
Giacomo
Matteotti: |
"Come
ho già detto, a quei tempi le persone che miglioravano la propria
condizione sociale erano come delle mosche bianche. Se Giuseppe,
il mio amico, ebbe la fortuna di istruirsi e di diventare ingegnere,
non tutti riuscivano nell’intento di avere un futuro dignitoso
o brillante. Purtroppo, erano tanti quelli che non vedevano di
buon occhio i successi di Giuseppe. Gli amici stessi di mio padre,
per esempio, gli dicevano: ”Ma chi te lo fa fare? Non lo sai che
dalle rape non esce nulla? E poi questi straccioni si montano
la testa! Non bisogna dare il cattivo esempio perché alla fine
fanno come le pecore: vogliono andare dove vanno i loro compagni
di viaggio”. Addirittura, un giorno l’avvocato B. disse a mio
padre, nella pretesa di convincerlo: ”Guarda che ti metti nei
pasticci: è contro legge e contro natura. Pensa che il figlio
del contadino che mi cura l’orto si vuole iscrivere al conservatorio.
Figurati! È come cercare di far crescere una pianta innaffiandola
con l’olio. Te lo immagini il figlio del contadino che mi diventa
Bach o Mozart?”. Per fortuna mio padre non si faceva condizionare
e andava dritto per la sua strada. E così educò anche noi. Nella
maggioranza dei casi, però, i ricchi ritenevano che la società
fosse divisa in caste e che il salto da una classe all’altra dovesse
essere vietato.
Molti ragazzi poveri che conoscevo avrebbero voluto essere al
posto di Giuseppe. Ma non tutti furono così fortunati. Malgrado
ciò, facevano il tifo per lui e lo sostenevano nelle sue conquiste,
vivendo un po’ di luce riflessa.
Rispetto al secolo scorso sono cambiate tante cose. A scuola vanno
tutti e a tutti si dà la possibilità di studiare, anche se non
tutti stanno bene allo stesso modo. Per esempio, i figli di un
ministro potranno permettersi di affrontare studi molto costosi,
mentre i figli di un disoccupato dovranno accontentarsi, a parità
di intelligenza, di offerte formative più limitate. Ciò nonostante,
si vive molto meglio e non ci sono più i livelli di povertà di
una volta. Bisogna però stare attenti al populismo. Faccio un
esempio. I politici oggi, pur di raggranellare voti, promettono
tante belle cose alle masse, pur sapendo che non potranno (o non
vorranno) mantenere le loro promesse. Ne consegue che il disagio
rimane e quei politici si rivelano dei pifferai magici, perché
anche se le cose sono cambiate ci sono ancora delle diseguaglianze.
La classe dirigente, ai miei tempi, era formata dai notabili del
Paese che non si curavano di aiutare i poveri. Anzi, dare l’opportunità
ai poveri di emanciparsi significava andare contro natura. I poveri
dovevano restare tali e starsene buoni al proprio posto. Non c’era
bisogno di cittadini consapevoli, ma di sudditi disposti ad ubbidire.
Ricordo che durante il biennio rosso (1919 -1921) erano state
finalmente concesse terre ai contadini che Mussolini tolse loro
con un decreto legge del 1923. Questo esempio è significativo
di tutto un modo di pensare che caratterizzava l’epoca che mi
ha visto crescere e formarmi politicamente". |
Ididlab:
|
"Perché
e come si è avvicinato alla politica? Cos'è la politica
per Giacomo Matteotti?". |
Giacomo
Matteotti: |
"Mi
sono avvicinato alla politica perché volevo rendere un servizio
utile al Paese. Ho sempre pensato che la politica fosse uno strumento
di cambiamento. Mi spiego: i politici devono svolgere la loro
funzione mettendosi al servizio della gente. Se si sta male, se
ci sono dei problemi, se si vivono delle ingiustizie, i politici
devono prima di tutto fare un esame attento della situazione e,
dopo, cercare i sistemi per dare alle persone delle risposte valide
e dignitose.
Il periodo in cui ho vissuto è noto alla Storia per essere stato
un periodo buio, perché venivano vietate le libertà fondamentali.
Chi meglio di me può dire che si pagava anche con la vita l’ardire
di denunciare i propri sospetti? Soprattutto poi se questi sospetti
si riferivano a dei brogli elettorali?
La politica ai miei tempi aveva un’importante funzione perché
la democrazia era un sogno, era una meta molto lontana e i politici
avevano il dovere di denunciare. Chi faceva politica si muoveva
su un terreno accidentato: doveva stare attento a quello che diceva
e a come si muoveva altrimenti rischiava di fare una brutta fine.
Con Mussolini, infatti, il ruolo del Parlamento si era svilito:
era diffusa la paura di denunciare, di esprimersi, di mettersi
allo scoperto.
Oggi sono cambiate tante cose. Le nostre democrazie forse non
sono del tutto perfette. D’altra parte, non tutti vivono in democrazia.
Credo però che oggi come ieri i politici abbiano il potere di
influenzare le masse.
Oggi il Parlamento è un luogo in cui ci si confronta. Ci sono
però altri luoghi – forse più incisivi - dove i politici possono
davvero condizionare le persone ed educarle a proprio piacimento:
Internet e la televisione.
I mezzi di informazione condizionano fortemente gli individui
e influenzano il loro modo di pensare. Le idee politiche non si
costruiscono studiando, ma attraverso Internet o la televisione.
Le parole forti, le immagini, le espressioni ricche di colori
sono più importanti dei programmi. Si pensa più a convincere che
a rimanere fedeli a un programma. Gli stessi politici oggi non
vanno a scuola di partito come si faceva una volta, ma vengono
reclutati con altri sistemi. Spesso sono già persone note allo
spettacolo.
Siccome non mi piace parlare a suon di luoghi comuni, potrei citare
qualche esempio di buona politica a servizio dei cittadini. I
Paesi del Nord Europa sono esempi di buona amministrazione. In
questi Paesi i politici si prendono cura dei cittadini. E non
ci dimentichiamo di tanti Comuni virtuosi della nostra Italia,
Comuni dalla parte della gente, dei deboli e di tutti quelle persone
che vivono una condizione di bisogno. Ho conoscenza di alcuni
Comuni della Provincia di Milano che sono dei veri e propri paradisi,
tanto è grande il senso di giustizia dei loro amministratori.
Questa è la politica bella di cui dobbiamo andar fieri".
|
Ididlab:
|
"Ci
scusi, ma di cosa viveva prima dell'attività politica. Ci ha detto
di appartenere ad una famiglia benestante, ma tale condizione
da dove trae origine? Oltre ad essere, come sostenuto da Lei prima,
un servizio, la politica può essere una professione? Ritiene
che sia preferibile che essa venga condotta da cittadini presi
in prestito temporaneamente dalla società civile? Ci ha parlato
degli ostacoli alla libera espressione dei suoi tempi: quali sono
i nemici di chi vuol fare seriamente politica come servizio,
oggi?". |
Giacomo
Matteotti: |
"Mio padre,
commerciante in ferro e rame, aveva investito i profitti delle
sue precedenti attività in case e in terreni, e raggiunse, prima
ancora che nascessi, un'invidiabile posizione economica. Molti
miei detrattori, che mi avversavano per le mie idee socialiste,
gli rivolsero l'accusa di aver costruito la sua fortuna facendo
l’usuraio. Voglio precisare – e ne vado fiero – che ciò non
è stato mai provato. Sarebbe stata infatti una ferita enorme.
Chi fa politica deve essere fedele alle idee che professa. Dato
che professavo idee di giustizia e di onestà, non potevano certo
non rispecchiarsi tali idee nella mia condotta e in quella della
mia famiglia.
Se ho mai svolto altre attività prima di entrare in politica?
A dire il vero, i miei fratelli ed io facemmo sempre attività
politica, sin da giovanissimi. Si può dire che proprio la mia
posizione, salda dal punto di vista economico, mi abbia permesso
di fare politica. Chi doveva lavorare e guadagnarsi il pane
non poteva permettersi il lusso di mettersi a servizio della
gente. Voglio precisare poi che io non ho mai vissuto l’esercizio
della cosa pubblica come una professione che mi avrebbe permesso
di arricchirmi (i politici non prendevano tanto quanto prendono
adesso): avrei fatto politica anche come attività di volontariato.
E spesso è stato così.
E arriviamo al capitolo “stipendi”. Com’erano gli stipendi dei
politici, un tempo?
Una volta gli stipendi dei politici erano piuttosto bassi. La
proposta di destinare stipendi alti ai politici scaturisce da
una decisione abbastanza recente. Ciò per due motivi precisi
che cercherò di semplificare.
Uno stipendio elevato aiuta ad evitare il fenomeno della corruzione.
Facciamo un esempio: un ingegnere vuole a tutti i costi vincere
una gara per costruire una piazza. Per riuscirvi, promette al
politico di turno una somma elevata. Il politico accetta. Questa
si chiama corruzione. Se il politico prende un buono stipendio,
corre meno il rischio di lasciarsi corrompere. Certo, questa
non è una regola e non è detto che tutti gli uomini siano corruttibili,
ma il miraggio di tanti soldi può indurre più facilmente in
tentazione.
Occorre ricordare, in secondo luogo, che dei buoni stipendi
danno la possibilità ai politici provenienti da classi sociali
basse di occuparsi di attività dalle quali, in mancanza di soldi,
sarebbero esclusi. Se ci riflettiamo a fondo, innalzare gli
stipendi dei parlamentari ha offerto garanzie di maggiore democrazia,
altrimenti come potrebbe un parlamentare di Torino o di Brescia
o di Agrigento starsene a Roma e guadagnarsi contemporaneamente
da vivere lontano dalla propria sede di lavoro? Non si creda
con questo che sia d’accordo con i loro stipendi da capogiro.
In alcuni casi li considero scandalosi e di sicuro bisognerebbe
ridimensionarli per una questione morale, ma per le ragioni
che ho esposto, trovo un po’esagerata la campagna contraria
e di accanimento nei confronti dei compensi dei politici. I
problemi vanno sempre analizzati con moderazione e senso della
realtà.
La politica deve essere una professione? Non è giusto che il
mestiere di politico debba durare per tutta la vita: ci sarebbero
i rischi di essere troppo attaccati ai soldi. Che i cittadini
siano dati in prestito dalla società civile è giusto, ma è altrettanto
giusto che ci sia il cambio del testimone.
Il cammino per fare politica è faticoso ed è sempre in salita.
Chi sono i nemici di chi vuole fare seriamente politica oggi?
Prima di tutto i populisti, quei politici, cioè, che fanno credere
alle masse di voler assicurare ciò che è bene per loro ma che,
in realtà, hanno altri scopi e fanno i propri interessi. Sono
sempre più attaccati alle loro poltrone e perdono di vista il
motivo per cui sono saliti al potere.
Facciamo qualche esempio. Nelle ultime legislature in Italia
sono successi fatti strani. Molti politici hanno votato delle
cose assurde pur di rimanere attaccati al proprio posto in Parlamento,
pur di non contraddire i propri leader. E ancora: so che c’è
una legge che garantisce il vitalizio ai parlamentari che hanno
fatto una sola legislatura. E non solo: possono percepire la
pensione a 60 anni, a differenza di tanti comuni mortali che
possono percepirla a 66.
Se c’è una cosa che mi risulta strana è la seguente: come mai
tanti politici, prima di salire al potere, dicono che vogliono
combattere l’evasione fiscale e poi non ci riescono? Mah, chissà,
sarà uno dei misteri della politica italiana. Certo, se non
ci fossero gli evasori, starebbero tutti meglio. Ma questo sembra
non si capisca sufficientemente.
Un’altra cosa che mi colpisce è questa: una volta i politici
erano degli esempi di condotta perfetta. Oggi sono sempre più
coinvolti negli scandali. Io mi chiedo: perché si lasciano corrompere
così facilmente e come mai sono così miopi? La gente si fiderebbe,
crederebbe di più nella politica, sarebbe più grata se fossero
più onesti. I politici stessi ci guadagnerebbero in popolarità.
Ecco perché ci vorrebbe quella preparazione in più che avevano
invece i politici di un tempo. Veri esempi di virtù e di onestà…".
|
Ididlab:
|
"A
proposito di populismi, di integrità, di onestà
e di politica di un tempo, speriamo ci possa perdonare se intendiamo
tornare ai suoi tempi, a quei tempi per lei così dolorosi,
al tempo della questione Sinclair
Oil.
Cosa accadde esattamente?". |
Giacomo
Matteotti: |
"Capisco
il senso della vostra domanda e dico subito che sono certo che
la corruzione dei politici, il malaffare, l’utilizzo della cosa
pubblica per fini privati siano sempre esistiti. Non sono solo
una prerogativa di oggi. C’è tutta una letteratura nostalgica
sul fascismo che vuole convincere sulla purezza, sulla lealtà,
sull’onestà di Mussolini e dei suoi uomini. Quando sento affermazioni
come Ah, se ci fosse il Duce… non avremmo criminali in giro…
oppure Se ci fosse lui, a quest’ora le cose andrebbero diversamente…
mi rigiro nella tomba. Le cose andavano bene fino a che si ubbidiva
e si abbassava la testa. Non bisognava esprimere la sia pur minima
forma di dissenso. I fascisti furono una classe dirigente spregiudicata,
disposta a tutto, pur di tenere in vita il proprio potere.
Il mio assassinio trae origini da alcuni fatti ben precisi, su
alcuni dei quali si è fatta luce solo di recente. In realtà avevo
scoperto l’implicazione dei fascisti nell’affare Sinclair Oil
che aveva iniziato ad operare in Italia con il consenso di Mussolini
e del Re. Avevo scoperto che la Sinclair aveva ottenuto la concessione
per lo sfruttamento dei giacimenti e per la lavorazione del petrolio
in Italia. Per tutto il XX secolo si è ritenuto che le ragioni
del mio delitto dovessero attribuirsi al discorso pronunciato
alla Camera il 30 maggio del 1924, quando denunciai i brogli elettorali.
Di sicuro questo fatto giocò un ruolo importante, ma non fu la
sola causa. L’ipotesi di un delitto legato alla questione Sinclair
non fu esclusa, in un primo momento, dallo storico Renzo De Felice,
ma fu poi lasciata cadere e rimase sempre sullo sfondo. Per difendersi,
i fascisti dissero che io avevo la tubercolosi e che per tale
motivo avevo perso sangue. In realtà ero stato picchiato e accoltellato.
D’altra parte, tutta la pubblicità che fecero i giornali di regime
come il Corriere d’Italia, sulle buone intenzioni del Duce di
trovare i colpevoli del delitto e sulla buona fede dei fascisti,
fecero calare un muro d’ombra e di silenzio sul fatto e lentamente
ne furono dimenticate la crudeltà e l’efferatezza. Neanche il
Re intervenne dopo il delitto, svolgendo con il suo silenzio,
un ruolo di complice.
Solo negli anni Ottanta un ricercatore fiorentino, Paolo Paoletti,
trovo nell’Archivio Nazionale di Washington una lettera-testamento
firmata da Amerigo Dumini, un uomo di Mussolini, redatta nel 1933,
in cui Dumini confessava di aver ricevuto l’ordine di uccidermi
perché si temeva che nel discorso annunciato per l’11 giugno avrei
denunciato il pagamento di tangenti della Sinclair Oil al governo
italiano. In questo traffico di tangenti era coinvolto anche il
fratello del duce, Arnaldo Mussolini. Ciò conferma che i corrotti
ci sono sempre stati e che il malaffare non è solo un comportamento
diffuso presso i politici di oggi". |
Ididlab:
|
"Quando
la popolazione ha iniziato ad avvertire la negazione del diritto
di dissentire e di aver superato il punto del non ritorno verso
una dittatura?
Cosa è accaduto a livello parlamentare ed istituzionale
da non poter più arginare tale nascente strapotere e cosa,
invece, politica e società civile avrebbero potuto compiere,
pur essendo noi consapevoli che la storia non si scrive con i
se ed i ma? Esisteva nell'immaginario collettivo
di una popolazione soggetta, da sempre, a forme di governo comunque
autoritario, l'idea di una dittatura e come era pensata dai suoi
contemporanei una tale fattispecie di governo?". |
Giacomo
Matteotti: |
"Sappiamo
tutti che lo strumento principe di cui si fa forte una dittatura
e del quale si autoalimenta è la propaganda.
La propaganda ha il potere di deformare la realtà, intorpidire
le menti fino ad anestetizzarle e compiere delle trasfigurazioni
che fanno vedere un elefante che calpesta un campo di fiori
là dove ci sia solo un’ape che ronza indisturbata e ne succhia
il nettare. Abbiamo un archivio infinito che è Internet, che
meglio di altri ci fa scoprire quale ruolo potesse svolgere
una propaganda così capillare come quella che è stata portata
avanti in epoca fascista. E anche quando l’Italia veniva mandata
allo sfacelo verso una guerra tanto inutile quanto dannosa,
si mostravano soldati con lo sguardo buono che tendevano le
mani a madri inermi e in attesa di aiuto. Si vedevano famiglie
che puntavano lo sguardo verso un futuro radioso nei nuovi territori
africani conquistati, che avrebbero dato oro ricchezza e benessere.
Si vedeva un duce burbero ma giusto che avrebbe protetto i suoi
figli. L’Italia era un popolo ingenuo, in alcune zone ai limiti
dell’analfabetismo, e immagini così forti e pregnanti facevano
molta presa sulle masse degli italiani. Senza considerare il
ruolo che svolgeva la propaganda all’interno delle istituzioni
scolastiche, dove gli studenti venivano addestrati sin da piccoli
a credere che quella patria fosse l’unica degna di essere chiamata
con questo nome.
Non voglio fare però il solito errore degli intellettuali. Non
credo infatti che il fascismo abbia avuto un terreno cosi favorevole
solo perché ha avuto a che fare con un popolo di ingenui e sempliciotti.
Come dicevo nella scorsa risposta, un errore storico compiuto
dai miei compagni di partito è stata la Secessione dell’Aventino.
Ciò ci ha dato la patente di ignavi e ha dato via libera a un’egemonia
assoluta, da parte del partito fascista, a un progressivo svuotamento
dei poteri del Parlamento. Ritornare indietro non è stato facile.
Ciò non significa, tuttavia, che i germi della rivolta, del
dissenso, del rifiuto ad abbassare la testa di fronte ai soprusi
non ci fossero. Non si spiegherebbero fenomeni come la Resistenza,
per esempio. Ricordiamoci – e la Storia ce lo ha insegnato –
che la Resistenza non è stata fatta solo da chi sapeva che erano
esperibili altre forme di governo o solo da gente che aveva
conosciuto la democrazia. O qualcosa che le assomigliasse. La
Resistenza fu fatta anche da giovani e giovanissimi che ebbero
la sfortuna di nascere, crescere, formarsi nel ventennio o che
la democrazia l’avevano conosciuta solo attraverso lo studio
della Storia e di ciò che avveniva presso cugini europei o di
oltreoceano più fortunati di loro.
Voglio concludere dicendo che la democrazia, prima che essere
un modello che si apprende attraverso i libri o su Internet,
come per esempio è accaduto ai giovani della Primavera Araba
del Nord Africa, è una condizione che esiste allo stato latente
in ognuno di noi. Difenderla diventa un dovere prioritario.
Negarla significa andare contro natura".
|
Ididlab:
|
"Prima
di ringraziarla per la sua disponibilità, ci permetta di porgerle
ancora una domanda. È proprio convinto che la democrazia esista,
che sia la forma migliore per l'autodeterminazione di un popolo,
oppure rimanga un concetto astratto e, francamente, un poco imbarazzante
addirittura nel definirlo? Lei che ci vede da oltre la storia:
definirebbe democrazia ciò che stiamo vivendo nel nostro Paese?
Non assomiglia, invece, la nostra contemporaneità, ad un modo
più elegante ed ipocrita di partecipare a quel gioco così avvincente
del sottrarsi vicendevolmente l'ambito potere, astenendosi, in
modo ipocrita e non assoluto, dall'uso della forza, non certo
privando i propri atti di una violenza ancor più subdola e devastante
per la collettività, come il compromesso, il segreto di stato,
la corruzione, la partitocrazia arrogante, l'ignoranza tecnologicamente
indotta, l'istruzione negata e mal funzionante, le istituzioni
lontane dai cittadini, che possono scendere a patti con i poteri
forti ma disposte a schiacciare, come sempre, i più deboli, siano
essi Fratelli di Patria o di altre patrie? Voi, siete fieri di
noi?". |
Giacomo
Matteotti: |
"La
democrazia esiste? Alla Vostra domanda vorremo rispondere, stavolta,
a nome della redazione remota.
Certo che la democrazia esiste e ne vogliamo essere convinti,
perché lo dobbiamo proprio ad eroi come Matteotti che hanno dato
la vita e di fronte ai quali ci inchiniamo.
Il calarci nei suoi panni, in un periodo così intenso di lavoro,
ci ha fatto capire meglio che cosa è stato fatto per ottenere
le libertà di cui godiamo oggi.
Ci chiedete se ci sono delle democrazie perfette. Molto umilmente
non abbiamo nessuna pretesa di fare affermazioni certe, tuttavia,
osserviamo quello che accade nel nostro Paese. Forse non ne abbiamo
una grande consapevolezza, ma un po’ ascoltando i nostri genitori,
un po’ sentendo le notizie del telegiornale e un po’ parlandone
a scuola, ci stiamo facendo delle idee in proposito. A volte ci
chiediamo se noi cittadini abbiamo la reale capacità di incidere
sulle decisioni che vengono prese sulle nostre teste. Certo, i
nostri adulti di riferimento hanno votato, quindi hanno deciso
quali dei loro rappresentanti mandare al potere. Spesso, però,
stando a quello che ci dicono e a quello che vediamo, le promesse
non vengono mantenute e non vengono fatti i nostri interessi.
Teoricamente abbiamo uno strumento bellissimo, che è quello della
democrazia rappresentativa. Noi ci chiediamo, però, se siamo davvero
rappresentati. A noi sembra che i nostri diritti non sempre vengano
tutelati. Facciamo degli esempi.
La nostra Costituzione esordisce dicendo che l’Italia è una Repubblica
basata sul lavoro, ma il lavoro è sul serio un diritto riconosciuto
a tutti i cittadini? Noi ragazzi ce lo chiediamo e guardiamo con
ansia al nostro futuro, soprattutto quando constatiamo che in
Italia ci sono milioni di disoccupati e quando scopriamo che per
conseguire un lavoro dignitoso e coerente con gli studi fatti
bisogna andare all’estero.
Un’altra questione sulla quale dibattono i politici è il diritto
alla salute. Una democrazia che si definisca civile dovrebbe metterlo
in primo piano per tutti gli uomini e tutte le donne presenti
in una nazione, ma spesso questo diritto viene sacrificato per
ragioni che noi non riusciamo a comprendere.
Stesso discorso vale per la scuola: in campagna elettorale ci
promettono mari e monti e poi gli investimenti sono sempre scarsini.
Allora, qual è il problema delle nostre democrazie? Abbiamo sì
la libertà di votare chi ci pare, di esaminare i programmi dei
vari partiti, confrontarli e fare le nostre scelte, ma la storia
ci insegna che quando si viene al dunque e giunge il tempo di
mantenere le promesse fatte, le situazioni mutano di poco, se
non in peggio. Le cose cambiano, cambiano le persone, cambiano
i nomi dei partiti, le loro sigle, ma ci pare che nella sostanza
non cambi proprio nulla.
In molti paesi del mondo esistono ancora dittature dove si compiono
crimini crudeli e se ci confrontiamo ad essi possiamo ritenerci
fortunati. Noi non abbiamo dittature, non abbiamo bambini soldato,
non viviamo il dramma delle guerre civili, ma la politica, nel
nostro Paese, ci sembra più che altro un ring dove tanti polli
da combattimento si scontrano, si danno delle tregue per scontrarsi
e poi riscontrarsi e tenerci in ostaggio nelle loro alternanze
al potere.
La democrazia è un bene prezioso, ma il cammino verso la perfezione
è ancora lungo". |
la
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