Progetto per
la condivisione
delle attività di ricerca e
di sperimentazione
didattica, dedicato
alla scuola secondaria
di primo e secondo grado

 

Interviste improbabili
Intervista improbabile a Giacomo Matteotti

Non è nostra intenzione riscrivere la storia con i "ma", i "se" ed i "però".Non desideriamo neppure porre sulle labbra altrui le nostre convinzioni: sarebbe immorale oltre che stupido. Le "interviste improbabili" sono una sperimentazione di divulgazione culturale, il cui obiettivo è proporre all'attenzione dei nostri lettori delle figure particolarmente significative della nostra evoluzione culturale, per stimolarne lo studio e verificarne come nel tempo si sia modificata la percezione delle loro idee, delle loro opere e delle ripercussioni di queste sul nostro panorama culturale e nella nostra società.

Le "interviste improbabili" non debbono essere considerate e lette come un "riassunto enciclopedico" o un estratto nozionistico da "notte prima degli esami". Poco di ciò che troverete esposto potrebbe essere forse definito corretto, esaustivo ed esauriente. Da queste pagine potrete, invece, trarre ispirazione ed a vostra volta ispirare nuove prospettive, da cui traguardare il pensiero dei nostri ospiti, nonché lo stimolo per approfondirne la conoscenza.

L'ospite di questa intervista improbabile è Giacomo Matteotti, una delle personalità politiche della nostra Nazione, interpretato nelle risposte, per Ididlab, da una nostra redazione remota, costituita da 10 assistenti redattori scientifici, componenti la classe III C della scuola secondaria di primo grado, presso l'Istituto Comprensivo di Rosate (MI),coordinati dalla loro insegnante, Prof.ssa Annalisa Martino, docente di storia e geografia.

Al fondo di questa sezione è presente un forum, attraverso il quale potrete liberamente partecipare a questo nostro, improbabile quanto intrigante incontro.
Sezioni collegate
 
 
l'ospite



Giacomo Matteotti

Nome:

Giacomo.

Cognome: Matteotti.

Nazionalità:

Italiana.

Cronologia: Nato a Fratta Polesine (RO) il 22 maggio 1885, deceduto a Roma, il 10 giugno 1924.

Note biografiche:

Frequenta il ginnasio a Rovigo e si laurea in giurisprudenza a Bologna. è stato un uomo politico ed un giornalista. Matteotti fu eletto in Parlamento per la prima volta nel 1919 e rieletto nel 1921 e nel 1924. Fu segretario del Partito Socialista Unitario, nato dalla scissione con il Partito Socialista Italiano. Appassionato e tenace antagonista del fascismo, il 30 maggio 1924, dopo aver denunciato alla Camera dei Deputati brogli elettorali, avvenuti durante le elezioni del 6 aprile dello stesso anno, e fatti di corruzione relativi alla concessione petrolifera della Sinclair Oil, fu rapito ed assassinato da una squadra fascista capeggiata da Amerigo Dumini.
Le sue spoglie riposano nella sua città natale.

Percorsi:

Web
https://it.wikipedia.org/wiki/Giacomo_Matteotti
http://www.fondazionematteottiroma.org/
https://www.youtube.com/watch?v=3ckvhw4xcrU&t=319s
http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntate/lomicidio-matteotti/921/default.aspx
https://www.youtube.com/watch?v=PjSFfT3IWmk
http://www.raistoria.rai.it/articoli/delitto-matteotti-linizio-del-regime/25122/default.aspx


Libri
"Il delitto Matteotti"
di Mauro Canali
ISBN: 9788815258410
pag. 360
Anno di pubblicazione: 2015
Società Editrice Il Mulino
https://www.mulino.it/volumi/ricerca


Film e video
"Il delitto Matteotti", regia di Florestano Vancini
https://www.youtube.com/watch?v=UY_POy2laiU

https://it.wikipedia.org/wiki/Il_delitto_Matteotti_(film_1973)

Musica

Inno dei lavoratori
https://www.youtube.com/watch?v=yUNo8g7v8rc
Ballata popolare in morte di Giacomo Matteotti
https://www.youtube.com/watch?v=3ckvhw4xcrU&t=319s
(il brano musicale è inserito al termine del video)
Amapola
https://www.youtube.com/
Tic- ti, tac- ta
https://www.youtube.com/


Luoghi
Fratta Polesine, città natale di Giacomo Matteotti
https://it.wikipedia.org/wiki/Fratta_Polesine
http://www.comune.frattapolesine.ro.it/

"E mail" infogestione@infogestione.com
    
l'intervista

Ididlab:
"Buon giorno, Signor Mattetotti e grazie per averci concesso questa intervista. Desideriamo chiederle, con tutto il rispetto dovuto al suo sacrificio ed alla sua vita, chi sia Giacomo Matteotti, oltre al nome di un corso del centro cittadino, oltre ad un busto, oltre ad essere la vittima di un omicidio politico ed un capitolo di storia. Per esempio come viveva Giacomo all'età di tredici anni?".

Giacomo
Matteotti:
"Come tutti sanno, provengo da una famiglia di proprietari terrieri che, dal Trentino, ancor prima che nascessi, si erano trasferiti nel Polesine. Da ciò si può dedurre che la mia era una famiglia benestante e agiata. Molti non sanno però che il Polesine era una delle zone più arretrate e depresse d’Italia.
Forse è il caso di spendere due parole sulle condizioni in cui viveva la gente della mia terra. Tra la fine dell’800 e l’inizio del 900, il Polesine era una terra di confine, senza strade e povera di infrastrutture.
La popolazione si dedicava principalmente all’agricoltura, la manodopera era abbondante ma i salari erano miseri. La vita era molto difficile e la miseria costante. La gente non se la passava molto bene a causa della malaria, della tubercolosi e della pellagra, malattia causata da una dieta monoalimentare legata al mais. Il tasso di analfabetismo era molto alto, quasi nessuno sapeva leggere e scrivere. Quindi io mi dovevo ritenere fortunato per aver continuato gli studi ed essermi laureato. Sì, perché i ragazzi della mia età non avevano altrettanta fortuna.
Molti bambini che non facevano parte della mia classe agiata pativano la fame, vivevano in case sporche e spesso morivano perché non potevano curarsi. Per loro, anche una semplice influenza era fatale. Peraltro, spesso erano costretti a lavorare: svolgevano il lavoro dei campi con i genitori, si occupavano dei fratelli più piccoli, trasportavano sulla schiena minerali e lavoravano sotto terra otto dieci ore al giorno, per paghe ridicole. Nessuno regalava loro dei giochi, ma li potevano costruire con la loro fantasia. Ed ecco che con dei sassolini e dei legnetti inventavano delle vere e proprie competizioni, mentre con degli scampoli di stoffa le bambine costruivano delle bellissime bambole.
Quando vedevo i bambini giocare con semplici strumenti oppure rovistare tra i rifiuti per trovare qualcosa da mangiare, mi veniva la pelle d’oca. Quando la domestica mi serviva il pranzo caldo in tavola, vedevo quei bambini con la faccia sporca e i vestiti laceri, e mi si stringeva il cuore. Fu allora che cominciai a maturare sentimenti di solidarietà verso chi stava peggio di me".

Ididlab:
"Cosa pensavano i suoi coetanei di lei? Aveva delle amicizie anche tra i ragazzi, che lei ha descritto come meno fortunati? Le risulta che qualcuno di loro sia riuscito a cambiare il proprio destino: in altre parole, ai suoi tempi esisteva quello che noi del terzo millennio chiamiamo ascensore sociale?".

Giacomo
Matteotti:
"Alla prima domanda posso rispondere facendo delle ipotesi. Come ho già detto, appartenevo a una famiglia benestante in una realtà povera e depressa. Di sicuro suscitavo sentimenti di invidia e di gelosia. Si sa, questi non sono sentimenti tanto positivi. C’è da dire, però, che io facevo di tutto per frequentare ragazzi di ogni estrazione sociale. Anzi, ero animato da slanci di solidarietà verso chi stava peggio di me.
Giocavo quando potevo con bambini più poveri di me, utilizzando sassolini e legnetti. Un giorno mio padre si era raccomandato di non uscire di casa, senza un accompagnatore adulto. Io, che mi sentivo grande, disubbidendo alle raccomandazioni di mio padre, andai a trovare Giuseppe, un bambino poverissimo. Giuseppe era sempre stanco, sporco e affamato. Quel giorno, per giunta, era febbricitante. Triste, perché privo di giochi e di aiuti. Ebbi come un’illuminazione: corsi verso casa e mi misi a gridare : Luisa, Maria, Giovanna - la mia servitù - accorrete ho fame!. Queste accorsero immediatamente, io riempii tasche e borse di leccornie d’ogni tipo e improvvisai un banchetto, soffermandomi fino a tarda ora a casa del mio amico.
Giuseppe mi fu riconoscente dell’atto di generosità che avevo avuto e, quasi come se volesse giustificarsi, aprì il suo cuore dicendomi che la sua vita era dura poiché doveva spesso affiancare i genitori nei campi.
Quando tornai a casa, mio padre, all’inizio, mi sgridò per lo spavento che gli avevo procurato, ma quando venne a conoscenza di quello che avevo fatto, si complimentò con me.
Da quel giorno Giuseppe iniziò a frequentare assiduamente la nostra casa. Era affascinato da tutto, in particolare dall’immensa biblioteca di mio padre, che gli diede il permesso di utilizzarla tutte le volte che ne avesse avuto bisogno. Ciò gli permise di frequentare il ginnasio, il liceo e poi l’università. La scuola fu per lui un importante trampolino di lancio per diventare ingegnere.
Anche oggi la scuola potrebbe essere un ottimo ascensore sociale, anzi fino a qualche anno fa lo è stato. Il problema di oggi è che c’è poco lavoro,viviamo un momento di profonda crisi e i giovani, anche quelli laureati, spesso sono costretti ad andare all’estero".

Ididlab:
"A quei tempi come era percepito lo sforzo di migliorare la propria condizione? La povertà, così diffusa nel nostro Paese ed in tutta Europa, come era considerata dalla classe dirigente di allora? I concetti di pari opportunità e di solidarietà, da lei ricordati attraverso le precedenti risposte, esprimevano lo stesso significato che rivestono oggi?".

Giacomo
Matteotti:
"Come ho già detto, a quei tempi le persone che miglioravano la propria condizione sociale erano come delle mosche bianche. Se Giuseppe, il mio amico, ebbe la fortuna di istruirsi e di diventare ingegnere, non tutti riuscivano nell’intento di avere un futuro dignitoso o brillante. Purtroppo, erano tanti quelli che non vedevano di buon occhio i successi di Giuseppe. Gli amici stessi di mio padre, per esempio, gli dicevano: ”Ma chi te lo fa fare? Non lo sai che dalle rape non esce nulla? E poi questi straccioni si montano la testa! Non bisogna dare il cattivo esempio perché alla fine fanno come le pecore: vogliono andare dove vanno i loro compagni di viaggio”. Addirittura, un giorno l’avvocato B. disse a mio padre, nella pretesa di convincerlo: ”Guarda che ti metti nei pasticci: è contro legge e contro natura. Pensa che il figlio del contadino che mi cura l’orto si vuole iscrivere al conservatorio. Figurati! È come cercare di far crescere una pianta innaffiandola con l’olio. Te lo immagini il figlio del contadino che mi diventa Bach o Mozart?”. Per fortuna mio padre non si faceva condizionare e andava dritto per la sua strada. E così educò anche noi. Nella maggioranza dei casi, però, i ricchi ritenevano che la società fosse divisa in caste e che il salto da una classe all’altra dovesse essere vietato.
Molti ragazzi poveri che conoscevo avrebbero voluto essere al posto di Giuseppe. Ma non tutti furono così fortunati. Malgrado ciò, facevano il tifo per lui e lo sostenevano nelle sue conquiste, vivendo un po’ di luce riflessa.
Rispetto al secolo scorso sono cambiate tante cose. A scuola vanno tutti e a tutti si dà la possibilità di studiare, anche se non tutti stanno bene allo stesso modo. Per esempio, i figli di un ministro potranno permettersi di affrontare studi molto costosi, mentre i figli di un disoccupato dovranno accontentarsi, a parità di intelligenza, di offerte formative più limitate. Ciò nonostante, si vive molto meglio e non ci sono più i livelli di povertà di una volta. Bisogna però stare attenti al populismo. Faccio un esempio. I politici oggi, pur di raggranellare voti, promettono tante belle cose alle masse, pur sapendo che non potranno (o non vorranno) mantenere le loro promesse. Ne consegue che il disagio rimane e quei politici si rivelano dei pifferai magici, perché anche se le cose sono cambiate ci sono ancora delle diseguaglianze.
La classe dirigente, ai miei tempi, era formata dai notabili del Paese che non si curavano di aiutare i poveri. Anzi, dare l’opportunità ai poveri di emanciparsi significava andare contro natura. I poveri dovevano restare tali e starsene buoni al proprio posto. Non c’era bisogno di cittadini consapevoli, ma di sudditi disposti ad ubbidire. Ricordo che durante il biennio rosso (1919 -1921) erano state finalmente concesse terre ai contadini che Mussolini tolse loro con un decreto legge del 1923. Questo esempio è significativo di tutto un modo di pensare che caratterizzava l’epoca che mi ha visto crescere e formarmi politicamente".

Ididlab:
"Perché e come si è avvicinato alla politica? Cos'è la politica per Giacomo Matteotti?".

Giacomo
Matteotti:
"Mi sono avvicinato alla politica perché volevo rendere un servizio utile al Paese. Ho sempre pensato che la politica fosse uno strumento di cambiamento. Mi spiego: i politici devono svolgere la loro funzione mettendosi al servizio della gente. Se si sta male, se ci sono dei problemi, se si vivono delle ingiustizie, i politici devono prima di tutto fare un esame attento della situazione e, dopo, cercare i sistemi per dare alle persone delle risposte valide e dignitose.
Il periodo in cui ho vissuto è noto alla Storia per essere stato un periodo buio, perché venivano vietate le libertà fondamentali. Chi meglio di me può dire che si pagava anche con la vita l’ardire di denunciare i propri sospetti? Soprattutto poi se questi sospetti si riferivano a dei brogli elettorali?
La politica ai miei tempi aveva un’importante funzione perché la democrazia era un sogno, era una meta molto lontana e i politici avevano il dovere di denunciare. Chi faceva politica si muoveva su un terreno accidentato: doveva stare attento a quello che diceva e a come si muoveva altrimenti rischiava di fare una brutta fine. Con Mussolini, infatti, il ruolo del Parlamento si era svilito: era diffusa la paura di denunciare, di esprimersi, di mettersi allo scoperto.
Oggi sono cambiate tante cose. Le nostre democrazie forse non sono del tutto perfette. D’altra parte, non tutti vivono in democrazia. Credo però che oggi come ieri i politici abbiano il potere di influenzare le masse.
Oggi il Parlamento è un luogo in cui ci si confronta. Ci sono però altri luoghi – forse più incisivi - dove i politici possono davvero condizionare le persone ed educarle a proprio piacimento: Internet e la televisione.
I mezzi di informazione condizionano fortemente gli individui e influenzano il loro modo di pensare. Le idee politiche non si costruiscono studiando, ma attraverso Internet o la televisione. Le parole forti, le immagini, le espressioni ricche di colori sono più importanti dei programmi. Si pensa più a convincere che a rimanere fedeli a un programma. Gli stessi politici oggi non vanno a scuola di partito come si faceva una volta, ma vengono reclutati con altri sistemi. Spesso sono già persone note allo spettacolo.
Siccome non mi piace parlare a suon di luoghi comuni, potrei citare qualche esempio di buona politica a servizio dei cittadini. I Paesi del Nord Europa sono esempi di buona amministrazione. In questi Paesi i politici si prendono cura dei cittadini. E non ci dimentichiamo di tanti Comuni virtuosi della nostra Italia, Comuni dalla parte della gente, dei deboli e di tutti quelle persone che vivono una condizione di bisogno. Ho conoscenza di alcuni Comuni della Provincia di Milano che sono dei veri e propri paradisi, tanto è grande il senso di giustizia dei loro amministratori. Questa è la politica bella di cui dobbiamo andar fieri".

Ididlab:
"Ci scusi, ma di cosa viveva prima dell'attività politica. Ci ha detto di appartenere ad una famiglia benestante, ma tale condizione da dove trae origine? Oltre ad essere, come sostenuto da Lei prima, un servizio, la politica può essere una professione? Ritiene che sia preferibile che essa venga condotta da cittadini presi in prestito temporaneamente dalla società civile? Ci ha parlato degli ostacoli alla libera espressione dei suoi tempi: quali sono i nemici di chi vuol fare seriamente politica come servizio, oggi?".

Giacomo
Matteotti:

"Mio padre, commerciante in ferro e rame, aveva investito i profitti delle sue precedenti attività in case e in terreni, e raggiunse, prima ancora che nascessi, un'invidiabile posizione economica. Molti miei detrattori, che mi avversavano per le mie idee socialiste, gli rivolsero l'accusa di aver costruito la sua fortuna facendo l’usuraio. Voglio precisare – e ne vado fiero – che ciò non è stato mai provato. Sarebbe stata infatti una ferita enorme. Chi fa politica deve essere fedele alle idee che professa. Dato che professavo idee di giustizia e di onestà, non potevano certo non rispecchiarsi tali idee nella mia condotta e in quella della mia famiglia.
Se ho mai svolto altre attività prima di entrare in politica?
A dire il vero, i miei fratelli ed io facemmo sempre attività politica, sin da giovanissimi. Si può dire che proprio la mia posizione, salda dal punto di vista economico, mi abbia permesso di fare politica. Chi doveva lavorare e guadagnarsi il pane non poteva permettersi il lusso di mettersi a servizio della gente. Voglio precisare poi che io non ho mai vissuto l’esercizio della cosa pubblica come una professione che mi avrebbe permesso di arricchirmi (i politici non prendevano tanto quanto prendono adesso): avrei fatto politica anche come attività di volontariato. E spesso è stato così.
E arriviamo al capitolo “stipendi”. Com’erano gli stipendi dei politici, un tempo?
Una volta gli stipendi dei politici erano piuttosto bassi. La proposta di destinare stipendi alti ai politici scaturisce da una decisione abbastanza recente. Ciò per due motivi precisi che cercherò di semplificare.
Uno stipendio elevato aiuta ad evitare il fenomeno della corruzione. Facciamo un esempio: un ingegnere vuole a tutti i costi vincere una gara per costruire una piazza. Per riuscirvi, promette al politico di turno una somma elevata. Il politico accetta. Questa si chiama corruzione. Se il politico prende un buono stipendio, corre meno il rischio di lasciarsi corrompere. Certo, questa non è una regola e non è detto che tutti gli uomini siano corruttibili, ma il miraggio di tanti soldi può indurre più facilmente in tentazione.
Occorre ricordare, in secondo luogo, che dei buoni stipendi danno la possibilità ai politici provenienti da classi sociali basse di occuparsi di attività dalle quali, in mancanza di soldi, sarebbero esclusi. Se ci riflettiamo a fondo, innalzare gli stipendi dei parlamentari ha offerto garanzie di maggiore democrazia, altrimenti come potrebbe un parlamentare di Torino o di Brescia o di Agrigento starsene a Roma e guadagnarsi contemporaneamente da vivere lontano dalla propria sede di lavoro? Non si creda con questo che sia d’accordo con i loro stipendi da capogiro. In alcuni casi li considero scandalosi e di sicuro bisognerebbe ridimensionarli per una questione morale, ma per le ragioni che ho esposto, trovo un po’esagerata la campagna contraria e di accanimento nei confronti dei compensi dei politici. I problemi vanno sempre analizzati con moderazione e senso della realtà.
La politica deve essere una professione? Non è giusto che il mestiere di politico debba durare per tutta la vita: ci sarebbero i rischi di essere troppo attaccati ai soldi. Che i cittadini siano dati in prestito dalla società civile è giusto, ma è altrettanto giusto che ci sia il cambio del testimone.
Il cammino per fare politica è faticoso ed è sempre in salita. Chi sono i nemici di chi vuole fare seriamente politica oggi? Prima di tutto i populisti, quei politici, cioè, che fanno credere alle masse di voler assicurare ciò che è bene per loro ma che, in realtà, hanno altri scopi e fanno i propri interessi. Sono sempre più attaccati alle loro poltrone e perdono di vista il motivo per cui sono saliti al potere.
Facciamo qualche esempio. Nelle ultime legislature in Italia sono successi fatti strani. Molti politici hanno votato delle cose assurde pur di rimanere attaccati al proprio posto in Parlamento, pur di non contraddire i propri leader. E ancora: so che c’è una legge che garantisce il vitalizio ai parlamentari che hanno fatto una sola legislatura. E non solo: possono percepire la pensione a 60 anni, a differenza di tanti comuni mortali che possono percepirla a 66.
Se c’è una cosa che mi risulta strana è la seguente: come mai tanti politici, prima di salire al potere, dicono che vogliono combattere l’evasione fiscale e poi non ci riescono? Mah, chissà, sarà uno dei misteri della politica italiana. Certo, se non ci fossero gli evasori, starebbero tutti meglio. Ma questo sembra non si capisca sufficientemente.
Un’altra cosa che mi colpisce è questa: una volta i politici erano degli esempi di condotta perfetta. Oggi sono sempre più coinvolti negli scandali. Io mi chiedo: perché si lasciano corrompere così facilmente e come mai sono così miopi? La gente si fiderebbe, crederebbe di più nella politica, sarebbe più grata se fossero più onesti. I politici stessi ci guadagnerebbero in popolarità. Ecco perché ci vorrebbe quella preparazione in più che avevano invece i politici di un tempo. Veri esempi di virtù e di onestà…".


Ididlab:
"A proposito di populismi, di integrità, di onestà e di politica di un tempo, speriamo ci possa perdonare se intendiamo tornare ai suoi tempi, a quei tempi per lei così dolorosi, al tempo della questione Sinclair Oil. Cosa accadde esattamente?".

Giacomo
Matteotti:
"Capisco il senso della vostra domanda e dico subito che sono certo che la corruzione dei politici, il malaffare, l’utilizzo della cosa pubblica per fini privati siano sempre esistiti. Non sono solo una prerogativa di oggi. C’è tutta una letteratura nostalgica sul fascismo che vuole convincere sulla purezza, sulla lealtà, sull’onestà di Mussolini e dei suoi uomini. Quando sento affermazioni come Ah, se ci fosse il Duce… non avremmo criminali in giro… oppure Se ci fosse lui, a quest’ora le cose andrebbero diversamente… mi rigiro nella tomba. Le cose andavano bene fino a che si ubbidiva e si abbassava la testa. Non bisognava esprimere la sia pur minima forma di dissenso. I fascisti furono una classe dirigente spregiudicata, disposta a tutto, pur di tenere in vita il proprio potere.
Il mio assassinio trae origini da alcuni fatti ben precisi, su alcuni dei quali si è fatta luce solo di recente. In realtà avevo scoperto l’implicazione dei fascisti nell’affare Sinclair Oil che aveva iniziato ad operare in Italia con il consenso di Mussolini e del Re. Avevo scoperto che la Sinclair aveva ottenuto la concessione per lo sfruttamento dei giacimenti e per la lavorazione del petrolio in Italia. Per tutto il XX secolo si è ritenuto che le ragioni del mio delitto dovessero attribuirsi al discorso pronunciato alla Camera il 30 maggio del 1924, quando denunciai i brogli elettorali. Di sicuro questo fatto giocò un ruolo importante, ma non fu la sola causa. L’ipotesi di un delitto legato alla questione Sinclair non fu esclusa, in un primo momento, dallo storico Renzo De Felice, ma fu poi lasciata cadere e rimase sempre sullo sfondo. Per difendersi, i fascisti dissero che io avevo la tubercolosi e che per tale motivo avevo perso sangue. In realtà ero stato picchiato e accoltellato. D’altra parte, tutta la pubblicità che fecero i giornali di regime come il Corriere d’Italia, sulle buone intenzioni del Duce di trovare i colpevoli del delitto e sulla buona fede dei fascisti, fecero calare un muro d’ombra e di silenzio sul fatto e lentamente ne furono dimenticate la crudeltà e l’efferatezza. Neanche il Re intervenne dopo il delitto, svolgendo con il suo silenzio, un ruolo di complice.
Solo negli anni Ottanta un ricercatore fiorentino, Paolo Paoletti, trovo nell’Archivio Nazionale di Washington una lettera-testamento firmata da Amerigo Dumini, un uomo di Mussolini, redatta nel 1933, in cui Dumini confessava di aver ricevuto l’ordine di uccidermi perché si temeva che nel discorso annunciato per l’11 giugno avrei denunciato il pagamento di tangenti della Sinclair Oil al governo italiano. In questo traffico di tangenti era coinvolto anche il fratello del duce, Arnaldo Mussolini. Ciò conferma che i corrotti ci sono sempre stati e che il malaffare non è solo un comportamento diffuso presso i politici di oggi".

Ididlab:
"Quando la popolazione ha iniziato ad avvertire la negazione del diritto di dissentire e di aver superato il punto del non ritorno verso una dittatura? Cosa è accaduto a livello parlamentare ed istituzionale da non poter più arginare tale nascente strapotere e cosa, invece, politica e società civile avrebbero potuto compiere, pur essendo noi consapevoli che la storia non si scrive con i se ed i ma? Esisteva nell'immaginario collettivo di una popolazione soggetta, da sempre, a forme di governo comunque autoritario, l'idea di una dittatura e come era pensata dai suoi contemporanei una tale fattispecie di governo?".

Giacomo
Matteotti:

"Sappiamo tutti che lo strumento principe di cui si fa forte una dittatura e del quale si autoalimenta è la propaganda.
La propaganda ha il potere di deformare la realtà, intorpidire le menti fino ad anestetizzarle e compiere delle trasfigurazioni che fanno vedere un elefante che calpesta un campo di fiori là dove ci sia solo un’ape che ronza indisturbata e ne succhia il nettare. Abbiamo un archivio infinito che è Internet, che meglio di altri ci fa scoprire quale ruolo potesse svolgere una propaganda così capillare come quella che è stata portata avanti in epoca fascista. E anche quando l’Italia veniva mandata allo sfacelo verso una guerra tanto inutile quanto dannosa, si mostravano soldati con lo sguardo buono che tendevano le mani a madri inermi e in attesa di aiuto. Si vedevano famiglie che puntavano lo sguardo verso un futuro radioso nei nuovi territori africani conquistati, che avrebbero dato oro ricchezza e benessere. Si vedeva un duce burbero ma giusto che avrebbe protetto i suoi figli. L’Italia era un popolo ingenuo, in alcune zone ai limiti dell’analfabetismo, e immagini così forti e pregnanti facevano molta presa sulle masse degli italiani. Senza considerare il ruolo che svolgeva la propaganda all’interno delle istituzioni scolastiche, dove gli studenti venivano addestrati sin da piccoli a credere che quella patria fosse l’unica degna di essere chiamata con questo nome.
Non voglio fare però il solito errore degli intellettuali. Non credo infatti che il fascismo abbia avuto un terreno cosi favorevole solo perché ha avuto a che fare con un popolo di ingenui e sempliciotti. Come dicevo nella scorsa risposta, un errore storico compiuto dai miei compagni di partito è stata la Secessione dell’Aventino. Ciò ci ha dato la patente di ignavi e ha dato via libera a un’egemonia assoluta, da parte del partito fascista, a un progressivo svuotamento dei poteri del Parlamento. Ritornare indietro non è stato facile. Ciò non significa, tuttavia, che i germi della rivolta, del dissenso, del rifiuto ad abbassare la testa di fronte ai soprusi non ci fossero. Non si spiegherebbero fenomeni come la Resistenza, per esempio. Ricordiamoci – e la Storia ce lo ha insegnato – che la Resistenza non è stata fatta solo da chi sapeva che erano esperibili altre forme di governo o solo da gente che aveva conosciuto la democrazia. O qualcosa che le assomigliasse. La Resistenza fu fatta anche da giovani e giovanissimi che ebbero la sfortuna di nascere, crescere, formarsi nel ventennio o che la democrazia l’avevano conosciuta solo attraverso lo studio della Storia e di ciò che avveniva presso cugini europei o di oltreoceano più fortunati di loro.
Voglio concludere dicendo che la democrazia, prima che essere un modello che si apprende attraverso i libri o su Internet, come per esempio è accaduto ai giovani della Primavera Araba del Nord Africa, è una condizione che esiste allo stato latente in ognuno di noi. Difenderla diventa un dovere prioritario. Negarla significa andare contro natura".


Ididlab:
"Prima di ringraziarla per la sua disponibilità, ci permetta di porgerle ancora una domanda. È proprio convinto che la democrazia esista, che sia la forma migliore per l'autodeterminazione di un popolo, oppure rimanga un concetto astratto e, francamente, un poco imbarazzante addirittura nel definirlo? Lei che ci vede da oltre la storia: definirebbe democrazia ciò che stiamo vivendo nel nostro Paese? Non assomiglia, invece, la nostra contemporaneità, ad un modo più elegante ed ipocrita di partecipare a quel gioco così avvincente del sottrarsi vicendevolmente l'ambito potere, astenendosi, in modo ipocrita e non assoluto, dall'uso della forza, non certo privando i propri atti di una violenza ancor più subdola e devastante per la collettività, come il compromesso, il segreto di stato, la corruzione, la partitocrazia arrogante, l'ignoranza tecnologicamente indotta, l'istruzione negata e mal funzionante, le istituzioni lontane dai cittadini, che possono scendere a patti con i poteri forti ma disposte a schiacciare, come sempre, i più deboli, siano essi Fratelli di Patria o di altre patrie? Voi, siete fieri di noi?".

Giacomo
Matteotti:
"La democrazia esiste? Alla Vostra domanda vorremo rispondere, stavolta, a nome della redazione remota.
Certo che la democrazia esiste e ne vogliamo essere convinti, perché lo dobbiamo proprio ad eroi come Matteotti che hanno dato la vita e di fronte ai quali ci inchiniamo.
Il calarci nei suoi panni, in un periodo così intenso di lavoro, ci ha fatto capire meglio che cosa è stato fatto per ottenere le libertà di cui godiamo oggi.
Ci chiedete se ci sono delle democrazie perfette. Molto umilmente non abbiamo nessuna pretesa di fare affermazioni certe, tuttavia, osserviamo quello che accade nel nostro Paese. Forse non ne abbiamo una grande consapevolezza, ma un po’ ascoltando i nostri genitori, un po’ sentendo le notizie del telegiornale e un po’ parlandone a scuola, ci stiamo facendo delle idee in proposito. A volte ci chiediamo se noi cittadini abbiamo la reale capacità di incidere sulle decisioni che vengono prese sulle nostre teste. Certo, i nostri adulti di riferimento hanno votato, quindi hanno deciso quali dei loro rappresentanti mandare al potere. Spesso, però, stando a quello che ci dicono e a quello che vediamo, le promesse non vengono mantenute e non vengono fatti i nostri interessi. Teoricamente abbiamo uno strumento bellissimo, che è quello della democrazia rappresentativa. Noi ci chiediamo, però, se siamo davvero rappresentati. A noi sembra che i nostri diritti non sempre vengano tutelati. Facciamo degli esempi.
La nostra Costituzione esordisce dicendo che l’Italia è una Repubblica basata sul lavoro, ma il lavoro è sul serio un diritto riconosciuto a tutti i cittadini? Noi ragazzi ce lo chiediamo e guardiamo con ansia al nostro futuro, soprattutto quando constatiamo che in Italia ci sono milioni di disoccupati e quando scopriamo che per conseguire un lavoro dignitoso e coerente con gli studi fatti bisogna andare all’estero.
Un’altra questione sulla quale dibattono i politici è il diritto alla salute. Una democrazia che si definisca civile dovrebbe metterlo in primo piano per tutti gli uomini e tutte le donne presenti in una nazione, ma spesso questo diritto viene sacrificato per ragioni che noi non riusciamo a comprendere.
Stesso discorso vale per la scuola: in campagna elettorale ci promettono mari e monti e poi gli investimenti sono sempre scarsini.
Allora, qual è il problema delle nostre democrazie? Abbiamo sì la libertà di votare chi ci pare, di esaminare i programmi dei vari partiti, confrontarli e fare le nostre scelte, ma la storia ci insegna che quando si viene al dunque e giunge il tempo di mantenere le promesse fatte, le situazioni mutano di poco, se non in peggio. Le cose cambiano, cambiano le persone, cambiano i nomi dei partiti, le loro sigle, ma ci pare che nella sostanza non cambi proprio nulla.
In molti paesi del mondo esistono ancora dittature dove si compiono crimini crudeli e se ci confrontiamo ad essi possiamo ritenerci fortunati. Noi non abbiamo dittature, non abbiamo bambini soldato, non viviamo il dramma delle guerre civili, ma la politica, nel nostro Paese, ci sembra più che altro un ring dove tanti polli da combattimento si scontrano, si danno delle tregue per scontrarsi e poi riscontrarsi e tenerci in ostaggio nelle loro alternanze al potere.
La democrazia è un bene prezioso, ma il cammino verso la perfezione è ancora lungo".
    

la nuvola

Nuvola al 14.03.2017

Nuvola al 20.04.2017

Nuvola al 30.05.2017

    

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Nota
I video proposti sono stati scelti per sollecitare l'attenzione ed il giudizio critico su quanto reperibile in rete. In particolare si è voluto evidenziare la necessità di sapere valutare i periodi storici di realizzazione delle produzioni culturali, l'evoluzione del contesto storico e politico, i differenzi stili di narrazione e le diverse tecnologie utilizzate, anche se provenienti dalle medesime fonti. Ciò vale per ogni aspetto proposto in questa sezione e per ogni parte del presente sito. È opportuno, senza demonizzare i mezzi e le tecnologie del passato o quelle attuali, coltivare l'attitudine alla ricerca, alla comparazione, all'approfondimento ed al senso critico personale, fruendo delle varie fonti messe a disposizione dal "sistema culturale e mediatico": internet, televisione, giornali, libri, condivisione accademico - istituzionale ed informale, nazionale ed internazionale. La verità non risiede mai in un unico luogo, ma è rivelata, sempre con un certo grado di approssimazione, dal continuo approfondimento del nostro processo di comprensione.

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Titolo: "intervista improbabile a Giacomo Matteotti" - Codice: I170111.1800.DDE.AR.man/IIDI1705301300MANa1 - Autore:
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Data di pubblicazione e di ultimo aggiornamento: 31/01/2017 - 30/05/2017
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